Il 2 luglio 2012 il Consiglio Comunale di
Abbiategrasso ha approvato una mozione a sostegno delle proposte di legge sul
riconoscimento della cittadinanza ai minori nati in Italia da cittadini di
origine straniera, e per la concessione del diritto di voto amministrativo ai
cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia da almeno cinque anni.
Tale
delibera impegna l’Amministrazione Comunale a tradurre “in atti concreti le sollecitazioni provenienti da molteplici ambiti del
mondo associazionistico, religioso e istituzionale per una riforma della Legge sulla
cittadinanza….”. Un atto concreto può essere quello di recepire la proposta
di concedere la cittadinanza onoraria ai minori figli di stranieri.
Nell’impossibilità da parte di un’Amministrazione Comunale di attuare una riforma del diritto
di cittadinanza (che di norma spetta al Parlamento), quella della cittadinanza
onoraria sarebbe un atto tutt’altro che simbolico in quanto portatore di un
significato politico chiaro sulla volontà e la necessità di superare lo “ius
sanguinis” attualmente in vigore (ossia il principio giuridico secondo il quale
si è cittadini italiani solo se si è nati da cittadini italiani).
La
stessa delibera impegna il Sindaco e la Giunta a promuovere “una diffusa informazione atta a
sensibilizzare l’opinione pubblica sui predetti argomenti”: attraverso la
concessione della cittadinanza onoraria
si manterrebbe viva l’attenzione sul
tema oggetto della campagna per la riforma del diritto di cittadinanza che,
dopo la fase di maggior visibilità data dalla raccolta firme, rischia di cadere
nell’oblio.
La sua portata politica va inoltre considerata
in relazione al fatto che, se un numero sempre più consistente di
Amministrazioni Comunali concede lo status di cittadino onorario ai figli di
immigrati, esso può costituire un vero e proprio strumento di pressione
affinchè il legislatore si occupi della questione (come sollecitato più volte dal
Presidente della Repubblica).
La
cittadinanza onoraria NON sostituisce quindi la campagna per l’estensione del
diritto di cittadinanza e non ne costituisce affatto un “surrogato a buon
mercato”. Esso NON può sostituire nemmeno politiche di inclusione più concrete
(diritto al lavoro, alla casa, allo studio ecc..) sulle quali i cittadini
immigrati potranno influire solo quando in possesso di diritti civili come
quello del voto amministrativo.
Affinchè un atto “formale” come quello auspicato, possa
avere una valenza concreta per l’intera cittadinanza (e non solo per quella
immigrata), è necessario considerare il potenziale in termini di educazione civica
che esso può avere attraverso il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche
perché predispongano momenti di educazione civica sul significato del diritto
di cittadinanza.
A chi pensa che in un momento di crisi economica e
sociale le priorità siano altre rispondiamo citando un articolo di Carlo Galli
su Repubblica:
“… la lotta per la cittadinanza degli stranieri residenti, può essere
un'occasione per riaprire una stagione di partecipazione politica anche per chi
la cittadinanza già ce l'ha, ma non ne fa buon uso. Non sono solo gli
stranieri, ma è tutto il Paese ad averne bisogno.”
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